San Bernardino

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Bernardo Spoto

venerdì 6 gennaio 2012

19 gennaio 2011 - convegno sulla droga

DISCORSO SULLA DROGA a cura di:SPOTO BERNARDO
Dire che la droga fa male per convincere a non assumere stupefacenti, significa aver detto una banalità.Perché sono tanti gli elementi che, una volta assimilati, procurano un danno al nostro organismo, ma la droga è un’altra cosa. Essa è subdola, camaleontica, si adatta al modo di vivere dell’uomo e, ancor di più segue la moda, le usanze, le abitudini della società; insomma: sta al passo con i tempi. Vediamo come.Nei tempi remoti le droghe, temute e rispettate, non erano altro che il mezzo per avvicinarsi al soprannaturale e attraverso visioni mistiche poter prevedere il futuro. Ciò era appannaggio di poche persone (sciamani e stregoni).Con l’andare del tempo, oltre alla preveggenza l’uomo ebbe il bisogno di sedare il dolore e scoprì le proprietà sedative contenute nel lattice del papavero. I Sumeri furono la prima civiltà a trattare l’oppio, ma nel V secolo a.C. il medico Erasistrato lo considerò un medicamento dannoso.Adesso, velocemente ci spostiamo negli Stati Uniti a metà del 1960. Ormai si crede pochissimo nella profezia quindi non si assumono più allucinogeni per leggere nel futuro, ma per avvicinarsi spiritualmente all’energia cosmica delle dottrine orientali.La droga sa adattarsi ai tempi e da chiaroveggente si trasforma in traslatore dell’anima umana per condurla verso la fusione con lo spirito della natura. Sostenitori di questo modo di vivere furono le comunità Hippy dove l’uso di un allucinogeno, la cosiddetta LSD, assommato all’uso di un narcotico, conosciuto col nome di Marijuana, sconvolse le menti di quei giovani.Sempre in questo periodo si ebbe il problema del dopo Vietnam e il ritorno a casa di migliaia e migliaia di soldati intossicati dalla morfina e curati con l’eroina. I valori controculturali degli Hippy incontrandosi con il disadattamento dei reduci di guerra portò ad una rapida ascesa dell’uso di droghe nei giovani.Di questa cultura in Italia arrivarono solo gli echi, cosicché il fenomeno rimase parecchio circoscritto, ma dagli anni ‘70 in avanti l’uso, in particolare di eroina, cominciò a crescere a dismisura fino a raggiungere il picco massimo negli anni 85/90.Ma quale fu l’humus che permise all’eroina di propagarsi così rapidamente?La società aveva raggiunto un certo benessere economico e in particolare la classe genitoriale di operai voleva che i loro figli non conoscessero le loro fatiche. A comprova la frase più gettonata era: “Mio figlio deve avere ciò che io non ho avuto”.Per raggiungere quell’obiettivo essi cercarono di far crescere il figlio nell’agiatezza, ma soprattutto facendo disconoscere il valore delle cose e il piacere di conquistare il desiderato. Per dirlo in breve soffocarono quello che io all’epoca definii il “cromosoma della conquista”.L’uomo, per sua natura, è nato per conquistare, per scoprire nuovi mondi. Poiché quella classe di ragazzi non aveva nulla da conquistare, si gettò alla scoperta del “nuovo mondo” che era la ricerca del piacere procurato dallo “sballo”.Inizialmente la società si dimostrò impreparata ad affrontare questa nuova calamità. Le persone erano spaventate. Non conoscevano cosa significasse droga. Vista la gravità del problema la collettività fece quadrato cercando in tutti i modi di arginare il fenomeno. Nacquero le comunità di recupero, dapprima improntate al recupero dell’uomo attraverso il lavoro poi, nel suo ritrovamento utilizzando la psicologia. Ai giorni nostri la droga ha mutato ancora il suo aspetto trasformandosi in elemento disinibitorio inserendosi, così, nel processo di crescita dei ragazzi. Sfruttando infatti il loro disagio nell’avvicinarsi all’età adulta, si finge collaboratrice nel superare il disadattamento relazionale e comunicativo causato dallo scemare dei rapporti familiari e sociali.Inoltre, questo suo mutamento è stato favorito dal fatto che ci siamo talmente abituati alla sua presenza che è diventata compagna di viaggio della nostra società, tant’è vero che sono stati mutuati i termini usati dai tossicomani, come ad esempio: “Ma sei fuori?”, “ma fatti una pera!” , “Ma fatti una canna così non rompi i coglioni” ecc.La cosa più dolorosa è l’accettazione dei genitori dell’uso di alcune droghe, cosiddette leggere (alcol, hashish) da parte dei figli. Qui, la frase più ricorrente è: “ma è solo hashish” che la possiamo chiosare con: “mi è andata bene”.Questo modo di comportarci ha fatto si che le difese erette sul finire degli anni ottanta si siano sgretolate. Oggi assistiamo passivamente al dilagare dell’uso polivalente di droghe per lo più con caratteristiche eccitanti, come ad esempio la cocaina i cui effetti sono molto, ma molto più devastanti di quelli procurati dall’eroina perché, se da quest’ultima si poteva ritornare ad essere persone normali, dalla cocaina NO.Quello che più mi fa ribrezzo è come il comportamento tossicomanico sia diventato un modello da seguire. Oggi assisto basito nel vedere persone conosciute come cocainomani vendute dai media come modello di vita. Questo modo di comportarci non fa altro che creare il giusto humus all’espandersi della droga e leva le armi ai genitori per infrenare il suo dilagare. Come può un padre o una madre dire a suo figlio di non drogarsi quando gente di spettacolo o sportivi o politici ne fanno uso? La droga, come ho premesso, è camaleontica e subdola. Essa, per propagarsi, va a colpire l’uomo nella sua moralità, disgregandogliela, e così lo allontana dai suoi doveri verso se stesso, la famiglia e la società.A questo aspetto sociolesivo va aggiunto quello eterolesivo, ovvero i danni che un tossico procura a terze persone sia direttamente: con percosse, violenze e furti, sia indirettamente: con incidenti d’auto per riduzione o assenza di controllo psicomotorio.Anche se oggi sono pensionato, l’occhio clinico mi è rimasto. E così, nell’ascoltare i telegiornali, nel leggere i giornali, una cosa mi è balzata alla vista: l’aumento di inspiegabili omicidi spesso avvenuti in famiglia. A questo punto, partendo dal dire: “Se è vero come è vero che la cocaina stravolge la realtà delle cose fino a portarti alla pazzia, quanto essa incide su certi inspiegabili comportamenti umani?”Non voglio questa sera apparire il Catone di turno, però non posso far tacere il senso del dovere che ha caratterizzato tutta la mia vita lavorativa e per questo dico che per ricostruire le difese immunitarie contro l’uso di queste sostanze, le quali portano alla disgregazione delle nostra comunità, dobbiamo ripartire dall’accettare un’etica comportamentale basata sul rispetto di tutto il Creato, sull’osservanza delle leggi, sul riscoprire l’onore e la dignità, sull’adempimento del dovere e sul condurre una vita morigerata. Per far si che ciò accada, dobbiamo abbandonare la strada del “tutto ci è dovuto” o “del tutto ci è permesso”, ricordandoci che la propria libertà finisce là, dove inizia quella dell’altro. Biblioteca di Lurate Caccivio,19 gennaio 2011

giovedì 5 gennaio 2012

18/7/2011 - discorso programmatico al congresso provinciale FLI di como

Oggi, in
questa Provincia il dado è tratto. Con questo congresso si sancisce il cambio di rotta che intendiamo apportare alla politica comasca. La barra sta per essere riposizionata nel punto in cui l’avevamo lasciata per seguire il canto delle sirene di berlusconiana memoria.
È arrivato il momento di svegliarci, di guardaci negli occhi e di chiederci: dove abbiamo lasciato la Destra?
Quella Destra ricca di valori comportamentali , di legalità, di senso dello Stato, di etica, di rispetto delle cose altrui.
In questi anni ci siamo imborghesiti e anche un po’viziati. Ci siamo politicamente allontanati dalla gente, tanto da non sentire più la loro voce, cadendo in una condizione di ipnosi politica. In questo stato di abbandono ci siamo cullati nell’opportunistico pensiero del “ghe pensa lu” svicolandoci da responsabilità decisionali che ogni uomo ha il dovere di assumersi.
Ci siamo trovati all’interno dell’occhio del ciclone chiamato “cieca ubbidienza” che ha
cominciato a comprimere i cervelli affinché non esprimessero idee. Proprio in questo assurdo vortice nasce la politica personalizzata in cui i più mansueti si affidano per ricavarne il maggior
profitto. Come spesso accade l’ubbidiente non ha idee e si ritaglia un ruolo puramente passivo, dando vita a quella regola che porta inevitabilmente ad una selezione rovesciata in cui vengono premiati i più deboli, i più conformisti. Insomma i più incapaci.
Ma noi siamo persone di destra, pronti a svegliarci dal torpore in cui siamo caduti ed a riprendere il cammino seguendo la stella polare che si chiama liberalismo, dove ogni uomo trova l’ingegno creativo per rinnovarsi.
Per rinnovarci dobbiamo esaminare ciò che fino ad ieri abbiamo fatto, capire i difetti e porvi i dovuti rimedi.
Politicamente abbiamo seguito gli istinti, le spinte emotive e i desideri, per soddisfare il principio del piacere immediato senza pensare agli effetti della nostra azione.
Siamo stati ciechi perché pur conoscendo i principi morali tradizionali, non ci siamo più sentiti obbligati a metterli in pratica tanto da essere diventati tolleranti verso coloro che li trasgredivano. E così siamo arrivati ad oggi dove il principio del piacere immediato si è manifestato nella sessualità violenta e nella pornografia, nell’uso delle droghe, nei rave party,
nelle movide sfrenate, nell’ossessione del gioco, nella brutalità della lotta politica, nella corruzione diffusa, nella bramosia di denaro e di potere.
Non voglio apparire un seguace del puritanesimo ma desidero che questa società esca dal puttanesimo dove è caduta.
Per far sì che ciò accada serve l’aiuto di una legge. Ma resta un problema: chi la fa, se chi la dovrebbe fare e chi la dovrebbe applicare soffrono dello stesso male?
Ebbene dobbiamo incominciare a farlo noi. Dobbiamo impegnarci a mettere in pratica i principi etici che affermiamo. Dobbiamo riscoprire l’autocontrollo, non cedere alla lusinga del denaro e del successo facile, non considerarci buoni perché siamo comprensivi e tolleranti. Dobbiamo
essere esigenti con noi stessi e pretendere che tutti facciano lo stesso.
Dobbiamo partire con il piede giusto, posandolo su un terreno fermo e sicuro quale quello del rispetto delle leggi.
A tal proposito faccio mie le parole di Cicerone ricordando a tutti noi che, “come il corpo non può reggersi senza la mente, così lo Stato senza la legge non può valersi delle sue parti, che sono come i suoi nervi, il suo sangue, le sue membra. Ad applicare le leggi sono chiamati i magistrati, a interpretarli i giudici, ma tutti, per concludere, siamo al servizio delle leggi per poter
essere liberi”.
Noi, gente di destra, dobbiamo riprendere in mano il vessillo della legalità ed ostentarlo con orgoglio e fierezza affinché possa svilupparsi nella coscienza di ogni uomo quel complesso di diritti e doveri che permetta una vita serena all’interno della società.
Solo così possiamo farla rivivere e riempiere l’aria dei suoi profumi che sono il corollario
della libertà.
Ci dobbiamo impegnare a seminare ed aiutare la crescita del rispetto e della moralità.
Dobbiamo lavorare per l’accrescimento della meritocrazia attraverso lo sviluppo delle opportunità, per garantire a tutti la possibilità di migliorare la propria posizione economica e sociale attraverso uno sforzo intellettivo e lavorativo, riconoscendo al più bravo un premio
incentivante nel continuare a migliorarsi.
Per tale ragione ci dobbiamo sforzare a mettere l’operosità ed il merito in contrapposizione all’ozio ed all’eredità.
Il nostro messaggio dovrà essere composto da tre parole: legalità, moralità, meritocrazia . Un messaggio semplice che seppur vecchio come il mondo, oggi appare nuovo perché da tempo caduto nell’oblio.
Come politici, ci dobbiamo impegnare a lasciarci alle spalle la politica personalizzata finalizzata al “votocentrismo” e incamminarci verso quella dell’equità sociale, dove ogni azione, ogni decisione saranno indirizzate nel soddisfare l’oggi costruendo il domani.
Non dobbiamo essere servi degli interessi di pochi ma edificatori lungimiranti di interessi collettivi che apportino benessere alla collettività sia sul breve che nel lungo periodo
Dovremo agire con la stessa solerzia del buon padre di famiglia in cui ogni azione da lui compiuta non è finalizzata per soddisfare il suo “io” ma per lasciare un mondo migliore ai suoi figli, ai suoi nipoti. Un fulgido esempio di lungimiranza lo possiamo riscontrare nel Il giapponese Kotaku Wamura, sindaco di Fudai scomparso 14 anni fa. Egli fu a lungo contestato, criticato e deriso per aver fatto costruire una orribile barriera di cemento e ferro. Oggi quello sbarramento ha salvato l’intero paese dall’ira dello tsunami, mentre quelli viciniori, con mura più basse, scomparvero inghiottiti dalle acque. Oggi, quei cittadini, pentiti, ringraziano.
Sicuramente la lungimiranza non alberga a Como anzi, dirò di più, non esistono idee. L’area della Ticosa ne è un esempio. Se per caso nasce un’ idea, nasce abortita. Il lago è un altro esempio. La politica comasca è una nave ferma e zavorrata e ci ha fatto toccar con mano il detto: “ in democrazia senza politica non si va avanti”. Qui a Como abbiamo effettuato la prova del nove alla rovescia, purtroppo sulla pelle dei cittadini, in cui si è stabilito che, per muovere un sistema, la politica deve operare delle scelte.
Chiudo questo mio intervento ricordando le parole di Gianfranco Fini:“Getteremo un seme
perché la primavera italiana possa diventare non solo una speranza ma una bella realtà. Fli non si rivolge solo alla destra, e nemmeno solo agli orfani del Pdl, ai delusi di ieri e di oggi. La politica per noi è un orizzonte, non uno specchietto retrovisore.”


18/7/2011 - congresso provinciale FLI di como

legalità

Cito lo scritto, di una bambina siciliana di prima media, semplice ma
significativo su quanto andrò a dire.
“Nella vita ci sono tante regole da rispettare, noi pensiamo che la vita con le regole sia un po’ difficile, però se immaginiamo un mondo senza regole sarebbe proprio una vergogna. Nella vita
c’è un cammino; se noi facciamo tutte le scuole, ci laureiamo, avremo un bellissimo futuro e nella vita non avremo nessun problema, anzi saremo fieri di noi. C’è un mestiere nella vita che è il più brutto, ed è rubare, fare omicidi, etc.. Poi nella vita per stare veramente bene ci vuole una famiglia e un lavoro serio e sicuro.
Da un Ispettore di Polizia vi aspettavate un discorso di legalità in senso giuridico, invece no. Perché non è questa la serata per ampliare, sviscerare e filosofare su cosa è la legalità, anche se, in maniera sintetica, la possiamo riassumere: “in un comportamento umano rispettoso delle regole che questa società civile si è posta per progredire, delimitando la libera azione individuale a favore di quella collettiva”. Ho voluto iniziare quest’argomento pensando con l’animo del fanciullo. perché solo in lui troviamo purezza dei sentimenti e desiderio del vivere nel
giusto. In questi due concetti noi possiamo racchiudere il pensiero della Legalità.
Purtroppo l’uomo, durante la sua crescita, perde lo spirito genuino del fanciullo, l’innocenza del dire e comincia a raccontare qualche bugia. Ecco, da questo momento inizia a perdere il senso della legalità e più un uomo dice bugie più si allontana da essa. Una volta abituatosi alla menzogna il passo è breve nell’andare dall’astrattezza del dire alla concretezza del fare. Completata questa transizione, l’interesse individuale prende il sopravvento su quello collettivo danneggiando tutta la società nella sua crescita fino a portarlaverso la regressione.
Allora cosa fare? Questa è la domanda che presumo ogni ben pensante si ponga. Noi, dell’associazione ci siamo impegnati nel cercare la risposta attivando il processo di sviluppo del cosiddetto “coraggio intellettuale della verità” che può avvenire mettendo al centro della scena la
cultura.
Solo essa può sviluppare in ogni persona quell’alto senso di moralità da contrapporre all’utilitarismo, il quale ci porta ad agire secondo una legge economica, in cui ci viene
chiesto quali sono i costi e i benefici di una azione. Purtroppo, una volta che l’ individuo quantifica la sua convenienza personale, si sente pronto a prevaricare ogni forma di aderenza alle regole, ai doveri e all'obbedienza all'autorità.
Quando l’utilitarismo si erge a criterio principale, le perdite nella società possono essere
drammatiche e, riprendendo le parole di Papa Benedetto XVI, «… si può arrivare al totalitarismo politico che si ravviva facilmente quando si elimina qualsiasi riferimento superiore al semplice
calcolo di potere».
Quando noi, soci fondatori, abbiamo deciso di far nascere questa associazione ci siamo dati
degli scopi. Uno di questi l’abbiamo individuato nella difesa e tutela della legalità perché l’abbiamo ritenuta una delle quattro colonne portanti che reggono la nostra società. A tal proposito cito una frase di Cicerone che, fino ad ora, mi ha accompagnato sia nel mondo del lavoro sia nel relazionarmi col prossimo: “…come il corpo non può reggersi senza la mente, così lo Stato senza la legge non può valersi delle sue parti, che sono come i suoi nervi, il suo sangue, le sue membra. Ad applicare le leggi sono chiamati i magistrati, a interpretarli i giudici, ma tutti, per concludere, siamo al servizio delle leggi per poter essere liberi…”.
Adesso perdonatemi se chiudo questo mio intervento, così come ho iniziato, con la licenza dell’animo del fanciullo citando un elaborato di un ragazzino di terza media .
Vivi senza paura
Che sia una vita
Che sia un’ora
Non buttar via
per sempre
il tuo futuro in un bidone
Scegli la strada
giusta.
Nella biforcazione della vita,
scegli la direzione
Discorso tenutosi presso la biblioteca comunale di Lurate Caccivio il 30 novembre 2011

San Bernardino

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val Biandino - lago del Sasso

val Biandino - lago del Sasso