San Bernardino

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sabato 8 dicembre 2007

IL RELATIVISMO CHE LASCIA L'UOMO SOLO

di Giulio Pasi - 17 giugno 2005

«I fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni». Questa frase di Nietzsche riassume più di qualunque altra il nostro modo di pensare. Dico nostro perché sarebbe pura illusione pensare di vivere al di fuori della mentalità che oggi ci condiziona in quello che facciamo e pensiamo. Una mentalità che affonda le sue radici nel tentativo di negare la verità, di negare i fatti, insomma di negare la realtà tutta.

Viviamo in un tempo in cui l'uomo è stato lasciato solo, terribilmente solo e questo, paradossalmente, in un'epoca dove è possibile vedersi con estrema facilità, dove è possibile guardarsi negli occhi stando a chilometri di distanza, dove la tecnologia ci sta dando la possibilità di incontrare tutti e chiunque. L'uomo si sente solo perché è stato lasciato solo dagli uomini stessi, ha smesso di desiderare, di sperare e di voler costruire, illuso da chi gli ha detto che la vera libertà sta nel pensare e nell'agire con la propria testa; da solo, appunto.

Ma una delle evidenze più grandi della nostra vita è che tutti dipendiamo da qualcosa e chi pensa di dipendere solo da se stesso è nella posizione più menzognera, perché dipende da ciò a cui appartengono le sue idee: dai salotti televisivi di seconda serata agli show di improvvisati bellocci che sembrano volerci insegnare cos'è la vita e convincerci di quel che dobbiamo fare per essere noi stessi.

Ma i conti non tornano: l'unico modo per essere se stessi è legarsi a qualcuno. Quanto più ci si lega a qualcuno, ad un maestro, a chi è attaccato più a sostenere i miei veri desideri e a farmi compagnia che a darmi la formula della felicità, tanto più si scopre chi si è, cosa si desidera, cosa si vuole dalla vita. «Il relativismo, anche se si può concedere molto alle sue premesse, non è sostenibile. Ha di contro i fatti» - diceva il presidente del senato Pera un anno fa.

La vera guerra di oggi è da combattere contro chi cerca di convincerci che una cosa vale l'altra, contro chi vuole che la vita ci scivoli addosso, per esserne l'unico padrone. Questa è la fregatura: ci trattano così per tenerci in scacco, e fare di noi quello che vogliono. In uno dei suoi ultimi libri il sociologo Risè ha affermato che il male del mondo d'oggi sta nell'assenza della figura di un padre, qualcuno che ci guardi per quello che siamo, qualcuno a cui legarci: questa è l'unica via per risvegliare noi stessi.

Per questo c'è bisogno di gente così, di maestri così in università, di genitori così e di politici così, talmente appassionati alla vita da guardarci per quello che siamo, aiutandoci a non censurare nulla dei nostri desideri, dei nostri dolori, valorizzando quello che c'è in noi, scommettendo e rischiando, stimandoci a tal punto da dire «io so che tu sai cosa è giusto e cosa vero».

Giulio Pasi


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